L'immagine del Made in Italy è in pericolo: l'assenza di una legislazione precisa che metta ordine nel mercato rischia di far perdere valore a quella garanzia di qualità che la produzione italiana è in grado di dare, soprattutto nel comparto moda.
Si rischia di creare confusione nel consumatore finale, disorientato dal proliferare di marchi che, a vario titolo, attestano il Made in Italy.
Per assicurare la tracciabilità del prodotto moda non si può ricorrere all'autocertificazione.
Ci vuole l'intervento di un ente terzo, possibilmente pubblico, senza scopo di lucro, che certifichi secondo parametri ben definiti tutta la filiera di produzione (la rete) e non solo il prodotto finale.
Sono queste le caratteristiche dell'ITF, l'Italian Textile Fashion: società nata nel 2005, riunisce oltre venti Camere di Commercio italiane e mira a valorizzare e promuovere la produzione italiana attraverso un sistema di tracciabilità condiviso e riconosciuto.
Un percorso che la CNA provinciale di Fermo intende fare proprio, invitando gli associati dell'unione Federmoda (circa 300 artigiani) a seguire la strada indicata dalla società camerale a tutela del vero Made in Italy.
Il progetto portato avanti dall'ITF sarà illustrato nel convegno in programma per martedì 3 maggio, alle 21, a Villa Baruchello di Porto Sant'Elpidio, organizzato dalla CNA fermana: “La tracciabilità del prodotto moda a garanzia del Made in Italy”.
La posizione della CNA di Fermo è chiara: “Impossibile pensare all'autocertificazione – dice il coordinatore Alessandro Migliore – ci vuole una procedura riconosciuta, strutturata e certificata”.
Il responsabile del progetto Reti d'Impresa della CNA regionale, Luigi Silenzi, delinea i termini della questione: “A causa della confusione generata dalle normative europee e dai successivi aggiustamenti – dichiara – si rischia di perdere il valore e la credibilità del Made in Italy. Seguire il percorso di certificazione della filiera proposto dall'ITF porterà i nostri artigiani sulla strada giusta”.